
Letteralmente significa: “acquisto vendicativo”, e dal punto di vista psicologico rappresenta una forma di compensazione o risarcimento per un disagio emotivo. Ma c’è di più: il revengespending è una tendenza, partita dalla Cina, che è anche un modo per rendere la quotidianità più rassicurante, attraverso la programmazione delle spese da fare.
Diversi studi hanno dimostrato che lo shopping ha un effetto euforizzante immediato. Fare acquisti migliora il tono dell’umore e permette di dimenticare temporaneamente preoccupazioni e sofferenze. La particolarità del “Revenge Spending” è di focalizzarsi su oggetti ed esperienze che permettono di compensare la mancanza di contatto sociale e di movimento subita durante la quarantena.
In Cina, infatti, si è particolarmente diffusa nel lockdown l’abitudine di compilare la cosiddetta “recovery wish list”, ossia elenchi dei desideri da realizzare alla fine della quarantena.

Differenze con lo shopping compulsivo
Mentre nello shopping compulsivo il desiderio di possesso è rivolto a cose assai diverse tra loro, scelte senza un criterio preciso, il revenge spending è decisamente più mirato. Dopo mesi di isolamento, il suo scopo è di appagare il bisogno di socialità e materialità che, se non controllato, può portare a conseguenze a livello emotivo e psicologico.
E’ necessario rivolgersi ad uno specialista quando la “febbre da shopping” rischia di diventare insostenibile.
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Carmen Iodice
Cassazionista
Docente in diritto di famiglia
Perfezionata in Amministrazione e Finanza degli Enti Locali
Appassionata del web
Amministratrice e creatrice del magazine COME magazine.
carminaiodice@gmail.com
fax 06.23326813
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